Mentre camminava udì come un fruscio, e voltandosi verso destra, al di là di una cancellata color ruggine, c’era un pavone che lo fissava con le enormi piume spiegate come un cuore variopinto aperto. Dallas non era uno facile da cogliere di sorpresa, tuttavia gli parve veramente strano trovarsi lì, in una strada piuttosto lercia e fuorimano, davanti ad un pesce tropicale enorme, perchè quello gli venne in mente, immediatamente, con il pavone davanti che soffiava, o qualcosa del genere, e poi, guardando meglio, dietro, dei fenicotteri, alcuni su una sola zampa, rosati, non disposti al volo, e avrebbero potuto librarsi e andarsene, a volerlo, e a Dallas questo parve strano come a noi, che ci faceva lì, quella fauna esotica, anche se poi il pavone è diventato esotico perchè ce n’è pochi in giro, in città poi, riflettendo bene quello era l’avamposto di un giardino, quello dell’oratorio, della grande chiesa, evidentemente il prete o chi per lui aveva una passione per i colori naturali, e perfino per la non ortodossia, simboleggiata da quei fenicotteri disposti a vivere su una zampa sola, il pavone ora lo guardava con un’aria di sfida, o era corteggiamento? L’ultima volta che aveva visto dei colori simili era stata in un fondale australiano, non più di dodici metri sotto il pelo dell’acqua di una baia neppure sconvolgente, anonima, davanti ad una costa neppure bella, eppure là sotto aveva visto i colori più vivaci e abbacinanti che mai il Creatore avesse impresso su corpi vivi, e anche i coralli erano là così dipinti e frastagliati da essere come cattivi nel loro splendore, un insulto alla normalità, non dimenticando che la normalità è in effetti un concetto oscuro, chi mai può definirsi davvero non straordinario, in questa vita? Anche solo crescere ed avvicinarsi ai quarantanni, e superarli, e tendere ai sessanta, e poi verso il sonno eterno, anche questa scelta non è normale, consapevolmente, e comunque, quei colori erano proprio anomali, lo sputo di un Dio, la cui saliva non può essere grigia o marroncina, si capisce, ora quel pavone chiuse appena quell’ombrello di luci e voltò appena il becco verso un’altra direzione, aveva capito che da lui, Dallas, non avrebbe potuto aspettarsi una risposta alla sua altezza, neanche se avesse indossato un abito di marca, uno di quelli street, in gergo, Dallas ci pensò un po’ su e proseguì, chiedendosi se quel pavone fosse un segno, che so, un segnale che oltre quel punto avrebbe incontrato una realtà stentorea e che lui era l’ultimo ricordo di come era una volta il mondo, un eccesso.
C’era una grande vetrata con lavatrici enormi, tutte funzionanti, gli oblò proiettavano in una luce indiavolata la rotazione colorata di panni dannati, e dal marciapiede sembrava che un veliero pirata volesse avvertire sul destino centrifugo dei suoi prigionieri, un lavaggio come un cannone. Due cinesi, di spalle, erano seduti su una panchina lunga quanto la vetrata, e non avresti potuto dire se erano lì per aspettare un proprio bucato o per eterna e immutabile attesa, non si volsero né si mossero mai durante tutto il tempo in cui Dallas si perse nel seguire le sei rotazioni, tante erano le lavatrici, o le feritoie, di quel posto.
Proseguì.
Un ex benzinaio allargava il marciapiede con uno spazio in cui i rifiuti avevano fatto man bassa di spazio e tempo, e qualche gatto si arrischiava alla ricerca di avanzi, e non si capiva quale fossero i resti e gli avanzi, forse anche i gatti lo erano. Gli parve, nella penombra, di scorgere uno sfigato steso e sdraiato nell’ultimo buio dell’ex benzinaio, ma forse era davvero una vecchia ombra. Appena a seguire una serranda chiusa sosteneva un’insegna che riportava un vecchio annuncio, si concentrò e ricavò le parole farmacia. Respirò, sopra pensiero. Gli parve di ricordare della madre, e ne studiò il motivo, aveva attinenza con una farmacia abbandonata? Medicinali, scadenze, istruzioni per l’uso…la mamma una volta lo pregò di stare lontano dai medicinali, e lui chiese a mamma perchè, e lei aveva risposto, perchè devi stare sempre con me, e lo aveva abbracciato, da quanto Dallas non era abbracciato da qualcosa?
Proseguì.
Un’edicola, chiusa a quell’ora, le notizie del mondo ancora sottosopra, in attesa di essere ordinate, vendute, lette, forse digerite. Da quando era con Rudy Sarzo avevano risolto casi da prima pagina, ma loro agivano nell’oscuro, dietro a storie che in fondo non avrebbero, davvero, interessato nessuno. Un’alluvione con otto milioni di senza tetto non aveva neppure conquistato il primo titolo, dove stava andando il mondo? Perchè lui, Dallas, doveva correre sui misteri, quando la gente ormai era solo e solamente su sé stessa? Ma dopo l’edicola c’era un barbiere, lui non ci andava, dal barbiere, ma la gente sì, e passava il tempo parlando del tutto, e qualche volta anche di alluvioni lontane. Ciascuno ha un pezzo di cuore dedicato a quello che avviene al di fuori, e non stava a loro giudicare, così aveva detto il capo, e il capo aveva consacrato la sua vita agli altri senza che gli altri sapessero, e per questo faceva quello che ordinava, per questo Dallas stava vagando sbirciando insegne alla ricerca di indizi. E, come aveva detto una volta il capo, se siete in una giornata in cui vi sembra di raccogliere mosche, canticchiate cose tipo Black dei Pearl Jam, ed entrerete nelle strade di oggi, poi a casa leggete un brano di Suttree, andate dietro a chi ha capito di più di politici e giornalisti, quelli sono fuori gioco, la realtà oggi è raccontata solo dalla musica e dalla letteratura, soprattutto se spostata. Al capo piaceva il termine Spostato, aveva detto, quando Eddie Wedder canta, anche per la millesima volta, Black, e scuote il capo e suda e grida con la voce piena di testosterone, ha capito qualcosa, perchè è spostato dall’ordine delle cose. E quando avevano preso il caso aveva esordito dicendo questo, che 3000 persone senza un solo bambino sono una macchia, e noi dobbiamo entrare in quella macchia e capirne l’origine, perchè se una cosa del genere si diffondesse saremmo persi. Nessuno della squadra aveva un figlio, ma avevano capito tutti. E aveva chiuso dicendo, ascoltate Nothingman, stasera, inizieremo così.
L’insegna successiva era quella di un bar, che faceva angolo, stavolta c’erano luci perlacee e un brusio animale di sottofondo, abbiamo detto bar sull’onda dell’abitudine e in realtà abbiamo semplicemente letto l’insegna originale ma Dallas ovviamente aveva già lanciato un’occhiata a 360 gradi individuando il menu di mezzogiorno proposto dal Kebab center, che prevedeva spaghetti al sugo di piccioni, ragù di lumaca, tagliolini alla trota, asparagi e chicchi di grano e un più ortodosso piatto di kebab, che di fatti nella vetrina troneggiava il totem sanguinolento e roteante come un cicloide, entrò e fu investito da un alito che sapeva di muffa e di scorie, ma non solo, furono una quindicina di occhi (dispari? Sì, uno aveva una benda) a impostarlo in modalità attenzione, una tacca sui cui si era appostato per la prima volta quando aveva quattordici anni, aveva strappato un passaggio in autostop e il tipo gli aveva scivolato una mano all’inguine, così con molta calma Dallas aveva chiesto di fermarsi per fare le cose per bene e quando quello aveva imboccato una strada secondaria proprio al rallentamento gli aveva schiacciato il ginocchio, la macchina aveva vomitato fuori la marcia, Dallas aveva estratto con destrezza rapida la chiave mentre con l’altra mano aveva già spalancato la portiera, e otto secondi dopo aveva già percorso 55 metri, era un possibile talento della corsa Dallas, pur odiandola perchè, si era detto, era solo una questione di gambe, mentre nell’acqua ti muovi meglio e tutto, e ovviamente nel frattempo la chiave era stata lanciata al di là di un dosso e probabilmente verso un acquitrino, quando Dallas varcò totalmente il confine del bar kebab aveva già, ad uno a uno, squadrato e preso le misure di tutti i conviviali, rendendosi conto che da quelle parti i forestieri erano rari e visti molto sospettosamente.
Dallas è alto 175 cm, si muove sinuoso e praticamente non appoggia i piedi, il tallone è perennemente alzato, non fa rumore, solo le punte dei piedi sfiorano concretamente il suolo, in quel momento un pavimento di resti di pezzi di marmo, quando arriva al bancone e ordina tutti sono ancora al primo pensiero, e quando è seduto al tavolo ha già una strategia in mente. Ha gli addominali contratti, molto, gli successe a scuola per la prima volta quando aveva, ancora, 14 anni, ad un’interrogazione…
Mentre camminava, estratto da Condèmoni
Febbraio 21, 2014 | 0 commenti