Fabio Palma

Infinite jest

Pedro, estratto da Genius

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Pedro era soprannominato così anche se si chiamava in tutto un altro modo. Era così bravo in disegno che a
soli sei anni lo iscrissero ad una scuola importante, e poco più avanti ad una importante accademia.
Aveva otto anni quando, trafelato, un professore salì di corsa due rampe di scale, irruppe nell’ufficio del
preside, ed esclamò: mai visto uno così.
Che c’è, Ramirez.
Quel bambino, è disumano come disegna.
Sì, lo so, è proprio bravo.
Sai cosa mi ha appena detto?
Che cosa?
Che non c’è niente di impreciso, anche il più piccolo oggetto. Che lui vuole disegnare anche la più piccola
scalfittura e rilievo del mondo.
Beh, e lascialo fare, è un bambino.
Ha voluto un foglio grande come una stanza!
Ah sì? Il preside rise. E quanto, cinque metri per tre?
No, non di una stanza, ho sbagliato. Di un’aula. Quindici metri per cinque.
Quel preside aveva scosso lievemente le palpebre, un po’ come fa un’aragosta in un acquario, quando
assimila il dubbio che non ne avrà per molto. In effetti, era tanto, un foglio così.
Ora i quattro stavano guardando la foto inserita nel rapporto. Visto così, è solo una grande accozzaglia,
commentò Rudy. E comunque, è sparito anche questo.
Stojko guardò diritto, poi di sghembo il disegno. Non mi convince, sa, capo?
Che cosa, Stojko?
Non gliel’ho mai detto, ma un tempo ero bravino a disegnare.
Ah sì?
Sì, ho smesso, poi. Ma dicevano che ero una promessa.
Ma guarda un po’. Beh, che cosa non ti convince?
Un talento del disegno non sta a guardare la dimensione. Punta al particolare.
Qua si vede solo un grande ammasso di segni.
Esiste una fotografia ad alta risoluzione di questa cosa?
Non so. Posso chiedere. A cosa pensi?
Chieda una foto ad altissima risoluzione di un pezzo di foglio. Anche solo un centinaio di centimetri quadri.
Di più non sarebbe possibile, il foglio è troppo grande. Non è fotografabile. E ho un dubbio.
E cioè?
Che quel ragazzino volesse proprio questo. Che a nessuno venisse in mente di fotografare un foglio del
genere, perché in una fotografia non ci sta.
La foto arrivò tre giorni dopo. Stojko si mise al computer, gli altri dietro. Ingrandì. Ingrandì. Ingrandì. E solo
dopo tante di queste volte apparvero, precise e perfette, montagne, rilievi, vallate, e case, persone, e mille
altre cose.
E’ incredibile, disse uno alle sue spalle.
Sì. Non pensavo così. Non ci sono punti inutili, in questo disegno.
Sì, ma…Ma come ha fatto, aggiunse.
Non lo so. Non c’è punta di matita così precisa. E’ impossibile.
Qui scrivono che il ragazzino usava di tutto, per disegnare. Anche roba naturale. Terriccio. Foglie. Poi puliva
tutto, e rimanevano impronte sul foglio. L’hanno fatto smettere dopo un po’ di anni, pensavano fosse un po’
fuori.
E lui è sparito.
Già.
Assurdo.
Cosa? Che sia sparito?
No, questo disegno.
Un interstizio di assurdo, disse Rudy.
Eh?
Le altre storie non lo sono poi meno. Ma tutte insieme fanno un certo modo di indagare sul mondo.
E’ come se questo ragazzino volesse scoprire se la natura si replicasse, appoggiata ad un foglio. La sua mano
un tramite.
Sei filosofico, oggi, Stojko.
No. Sono realista. Quando uno disegna, punta a fare una fotografia. Magari a suo modo, ma quello è il suo
scopo. Prima di diventare un pittore, uno prova a fare il disegnatore. Ritrattista, paesaggista, cose così. Poisovviene la noia, e ci si dirige verso campi più aperti. Invece questo ragazzino si è limitato al disegno. Ma
come? Puntando alla sua perfezione. Al microscopico. E nessuno ci ha capito nulla.
Bravo, Stojko. Tu sì.
Io sì cosa? Non capisco mica come ha fatto, a disegnare così. Devi avere una vista che l’uomo non ha e
strumenti che non esistono. Non esiste una china così puntiforme. Solo al computer puoi disegnare così,
rimpicciolendo a piacere.
A meno che uno non abbia un’immaginazione infinita, disse Dallas.
Stojko, da seduto, si voltò a guardare l’amico. Sì, ma ti manca sempre lo strumento.
Dipende, fece Rudy. Dipende. Magari quel ragazzino ha immaginato il giusto. Le impronte al minuscolo
della punta di una felce, per esempio. Andiamo, abbiamo da fare.

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