Fabio Palma

Infinite jest

GIANNI PINNA

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Caro vecchio Gianni
non l’ho neppure mai usata come password, questa data qui.
Timore di intaccarla, deteriorarla, mancarle di rispetto. Pronti via 12 ore in grotta, mai stato in grotta, mai usato un discensore, mai usata una corda, in qualche modo sopra vissuto a un paio di calate, un paio di risalite, etc etc. Un approccio bellico, se ne vieni fuori sei portato, smozzicando le parole avevi detto così.
Chissà chi era quel tipo piemontese che su un traghetto mi disse, ci sono grotte dove stai dentro ore e vedi cascate e laghi, la colpa di tutto quello che è venuto dopo, scalata compresa, è di quel tipo lì, e poi naturalmente del Pinna, del suo training molto poco ortodosso, delle risalite in esplorazione fatte con una mano+martello che martellava appiglio e l’altra che teneva, roba verticale di grotta alta 20 metri eh?, e adesso come scendi Gianni, mitica la doppia su fettuccia tapparella intorno a stalagmite, ovviamente io pensavo fosse tutto normale e forse per questo anni dopo nell’apertura delle vie si faceva spallucce a certe situazioni…
Il Pinna era il Re dei solitari e dei caratteri non facili, e per lui la speleologia era quello che è la ricerca per un fisico vero: semplicemente, tutto…
Mi piace pensare che al di là di tutto, anche le nefandezze che sei costretto a vedere e subire nelle tue passioni quando compaiono (ci sono ovunque) i lestofanti (piaciuto l’eufemismo?), c’è gente come il Pinna che ti rimane dentro come una bussola. Una bussola anche schizofrenica, ben poco catalogabile come bussola, ma bella puntatrice di un sano punto di riferimento. Rimane il fuoco dentro, anche quando non brucia più così tanto per te lo fai bruciare per gli altri. E quando inciampi sui lestofanti, tieni duro, anche se vorresti (e forse dovresti…fatemici pensare ancora un pò…) denunciare il tutto.
Potrei scrivere un libro intero di almeno 200 pagine fitte fitte con le ore trascorse con il Pinna. “mi hanno detto qualcosa”, mi disse, a proposito della volta che arrivai con una decina di amici assolutamente a digiuno di tutto, portandoli in Su Palu per 18 ore e tirandoli fuori al pelo (pelissimo, per un paio…pelissimo…) in una sorta di soccorso speleologico faidate e che Diomelamandibuona (risali lì e metti quella corda che li tiriamo su. Di lì Gianni? sì di lì, disse lui, io ne metto un’altra di là, bontà sua di là era veramente osè, e io su su una roba di quinto, che fosse poi quinto lo capii anni dopo quando facevo il 6a e ripassai da lì, e insomma ho fatto con gli stivali il quinto slegato su pozzo speleo di 15 metri, alla fine non male).
Il Pinna era assolutamente duro e puro. Soprattutto puro. Che vuol dire che la bussola va sempre nella stessa direzione, e li vogliamo rispettare ‘sti poli? a calci nel sedere i lestofanti, gente. A calci. Le cose belle, in tutti i campi, teniamole pulite.
Nel frattempo un progettone domestico di figlio assurdamente sul pezzo videocheanchefra15annilovedrannoperlostandard è fallito per la terza volta, ogni fallimento son giorni di picchiata in testa e svisceramenti software che manco all’esame di Programmazione ( Mio Dio mi parte il tremore ), d’altronde quando sei sul pezzo, che vuol dire che hai il fuoco che ti brucia dentro, batti in testa, spegni ma poi riparti, proprio come faceva il Pinna, che poi la vita prima lo portò via dalle grotte, e poi dalla vita stessa. Queste poche righe mal scritte sono dedicate a tutti quelli che (s)battono la testa contro un muro spinti dal fuoco ( ma sì, quello de La Strada, siam sempre lì ), e che comunque si rialzano e ripartono, e soprattutto se ne stanno lontani e mai imboccano l’autostrada comoda e puzzolente dei lestofanti. — con Hirundo Snc Restauro Falegnameria, Beatrice Subissati, Angela Ferrari e Marco Maggioni

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