Di Claudio Tabuso
Ed è di nuovo tempo di lock-down. Più avanza il virus più riduciamo gli spazi di socialità, è ormai una prassi consolidata e approvata dalla maggioranza dei cittadini. “La salute prima di tutto”, si dice, e in virtù di questo principio si ritiene di agire. Le fonti istituzionali non mancano mai di menzionare i disagi che questo comporta a livello psicologico, economico e sociale, ma questa consapevolezza ostentata non sembra corrispondere ad una reale conoscenza non solo dell’indicibile sofferenza psicologica inflitta soprattutto ai giovani, che viene spesso insopportabilmente appellata come “piccolo sacrificio” e “ultimo sforzo”, ma anche dei gravissimi danni a breve e lungo termine che questo comporta proprio su quella salute che tanto viene sbandierata ed elevata a principio primo di ogni agire.
La privazione degli spazi di socialità, l’isolamento, la disgregazione delle proprie relazioni umane, non rappresentano soltanto una vera e propria forma di tortura psicologica per tutti gli animali sociali, ma hanno un impatto negativo su salute fisica e mortalità.
Tanto l’assoluta mancanza di consapevolezza dello stato fisico e mentale a cui siamo stati condannati, quanto il disinteresse esplicito riguardo le conseguenze a lungo termine delle decisioni prese, sono il frutto, tra le altre cose, dell’intrinseca sottorappresentazione dei giovani a livello politico e istituzionale; sono loro infatti a patire le conseguenze più drammatiche delle restrizioni e sono anche gli individui ad avere l’interesse maggiore nella salvaguardia degli interessi di lungo periodo.
Essendo dovere dello stato la massimizzazione del benessere di tutti i suoi cittadini compresi i giovani, diviene fondamentale il principio del bilanciamento secondo cui, in caso di conflittualità tra individui appartenenti a gruppi sociali distinti, si deve giungere a un compromesso che bilanci attentamente i diritti degli uni e degli altri e lì salvaguardi entrambi, entro i limiti del possibile, senza annientare totalmente quelli di in uno in favore dell’altro come invece sta accadendo sistematicamente.
Perché questo bilanciamento avvenga è infatti necessario che i gruppi sociali abbiano una corretta rappresentanza all’interno delle istituzioni democratiche che sono chiamate a pesare gli interessi degli uni e degli altri, altrimenti non verranno neanche messi sulla bilancia. La maggior parte dei giovani però non può votare, non può creare alcun disagio attraverso lo sciopero, non ha autonomia e facilità di spostamento per organizzare forme di protesta, non ha autonomia economica e così via; non ha quasi nessuna influenza sulle decisioni collettive, nessun modo per fare sentire la propria voce e vedere ascoltate le proprie esigenze. E’ per ovvi motivi difficile pensare di cambiare i fattori di sottorappresentazione elencati, ma da questo non segue il venir meno delle loro conseguenze, del problema che questo pone per la democrazia e dell’urgenza di stimolare il dibattito pubblico nella ricerca di soluzioni. Di solito si assume semplicisticamente che altri gruppi sociali, dal più significativo potere politico, siano interessati a tutelarne gli interessi (banalmente quello dei genitori ad esempio), ed in parte è certamente vero, ma le differenze culturali e biologiche, sottostanti al divario generazionale, in molti casi non permettono loro nemmeno di comprendere quali essi siano. Le restrizioni anti-covid rappresentano l’esito emblematico di tutto questo, il sacrificio assoluto della nostra salute per via della violenza psicologica, del nostro futuro per via della crisi economica e della nostra istruzione per via della soppressione del diritto allo studio, con una DAD vergognosa e l’umiliante privazione delle aule studio mentre le chiese rimanevano aperte, rivelando che non quello della salute, bensì quello al culto, è il diritto tiranno che viene tutelato in Italia a dispetto di ogni morte o malattia, il diritto certamente più caro all’interno di altre fasce demografiche.
Chiunque sostenga che le vite dei soggetti vulnerabili al covid abbiano un valore inferiore a quelle degli altri, in quanto anziani o malati, e che dunque andrebbero semplicemente sacrificati in nome della nostra calma, certamente dice qualcosa di totalmente agghiacciante e riprorevole, avulso da qualsiasi criterio di uguaglianza e rispetto umano che col progresso civile dovremmo aver raggiunto da tempo; altrettanto agghiacciante e riprorevole è però l’idea secondo cui le vite di quei soggetti abbiano un valore così tanto superiore da poter sacrificare senza problemi quelle degli altri in nome della loro tutela.
L’incapacità di porre l’attenzione sul lungo periodo, insieme al fatto che le conseguenze sulla salute mentale più immediatamente percettibili sono a carico dell’inascoltato gruppo dei giovani, ha fatto si procedesse con assolutissima leggerezza in questa direzione e con pochissime reazioni contrarie.
L’isolamento sociale e la solitudine che ne consegue infatti sono fattori di rischio per la mortalità precoce uguali o superiori a fumo o inquinamento [1]. Gli effetti deleteri in termini di salute dipendono in buona parte dai livelli eccessivi e prolungati di stress a cui i soggetti sono sottoposti. Lo stress cronico comporta infatti gravissime conseguenze neurologiche e non: morte delle cellule ippocampali (elementi fondamentali per la memoria e l’apprendimento), invecchiamento cerebrale, sovrattivazione del sistema simpatico con danni a sistema immunitatario e circolatorio, e altro ancora [2], abbiamo letteralmente perso svariati anni di vita. Un rimedio molto utilizzato dall’essere umano contro lo stress è giustappunto l’ossitocina, un neurotrasmettitore con effetti ansiolitici rilasciato durante le interazioni sociali e il contatto fisico [3], per questo “interazioni positive che includono contatto fisico e supporto psicologico promuovono la salute […] le interazioni sociali attivano continuamente il sistema dell’ossitocina” [4]. Insomma, non sono state sacrificate semplicemente la longevità di decine di milioni di persone in maniera analoga a quanto si sarebbe ottenuto se fossero stati tutti costretti a fumare, ma ci hanno privati della medicina più importante rendendola parallelamente ancora più indispensabile; quella medicina, l’ossitocina, che protegge la memoria, le funzioni cognitive di livello superiore, il sistema immunitario, quello circolatorio e tanto altro. Cosa si sarebbe detto se avessero impedito di prendere i farmaci per la tiroide o per la pressione?
Sebbene queste conseguense tocchino tutti in una qualche misura, avere un partner, dei figli, un lavoro dove si continua ad avere del contatto umano, convivenza con confidenti intimi, sono tutti fattori che consentono una più regolare attivazione del sistema dell’ossitocina, riducendo gli effetti dell’isolamento in termini di stress e sentimento di solitudine [5], ma non solo. Secondo uno studio inglese del 2011 mentre per gli adulti è importante la qualità delle proprie relazioni sociali, per i giovani invece sarebbe importante la quantità [6]. Infine, mediamente, secondo lo stesso studio, la solitudine affligge di più i giovani che gli adulti [6] e questo li porta a reaggire in maniera più accentuata agli eventi stressanti [7]. La solitudine poi impatta ulteriormente la salute fisica e, tra le altre cose, accellera l’invecchiamento cerebrale, riduce il QI, porta al declino delle funzioni cognitive, aumenta il rischio di contrarre l’Alzahimer nel corso della propria vita ed è un fortissimo fattore di rischio per la depressione [8,9]: A tutto questo siamo stati beffardamente condannati in nome della salute.
Sebbene tutti quanti avranno delle ripercussioni, sono i giovani a patirne le conseguenze immediate più drammatiche.
Prendessimo in considerazione anche i casi di abitazioni affollate e assenza di un proprio spazio personale, situazioni di conflittualità cronica con i propri conviventi (come spesso accade agli adolescenti, che patiscono gli effetti più gravi di tutti [10]), coabitazione con individui violenti e casi con precedenti disturbi dell’umore, il bilancio delle vite diviene ancora più drammaticamente negativo. Questi, per altro, non impattano soltanto la salute e il benessere delle persone che lo patiscono, ma nel caso di donne in gravidanza anche dei loro figli [11]. L’esposizione prenatale ad alti livelli di stress (mediata dall’alta concentrazione di gluccorticoidi nel sangue materno) riduce le facoltà di apprendimento ostacolando il corretto sviluppo dell’ippocampo, con aumento della probabilità di sviluppare dipendenza da droge e comportamenti ansiolitici e depressivi da adulto [12]. Nel 2019 in Italia sono nate 420.000 persone, quante in questo anno di isolamento ed in quelli che verranno?
Rabbia, ostilità, abbattimento, sconforto, depressione, disturbi da stress, e tutti gli altri sintomi descritti in questi articoli, non sono le astratte osservazioni di freddi scienziati nei loro freddi laboratori, sono i sintomi che vedo insorgere in me e nella gente che mi sta intorno con sempre maggiore frequenza e intensità.
Ho visto miei cari amici piangere disperati dietro uno schermo e non ho potuto consolarli con una mano sulla spalla e un gesto d’affetto, ho visto una rabbia sfrenata negli occhi dei miei cari e non avevo nulla con cui cercare di placarla, ho visto i miei coetanei impazzire piano piano e rifugiarsi chi nell’alcol chi nella catatonia.
Siamo psicologicamente esausti, moralmente rassegnati e umanamente distrutti. Io stesso, che ho sempre preferito Dostoevskij e il nostro sottosuolo a qualunque evento mondano, mi sento ormai irrimediabilmente vicino ad un crack psicologico definitivo. Stanchi anche solo di pensare, impossibilitati a trovare motivazioni per impegnarci in qualche progetto, totalmente estraniati dal mondo, spaventati e sconfortati circa il nostro futuro; è dura andare avanti, alzarsi dal letto la mattina col solo scopo di arrivare sul divano: l’unica soluzione sembra l’apatia.
Le statistiche, se non bastassero le neuroscienze, confermano che non si tratta di sensazioni personali: Negli Stati Uniti durante i lockdown della prima ondata, tra i ragazzi di 13 e 18 anni, c’è stato un aumento di casi di comportamento autolesionista del 334% rispetto agli stessi mesi del 2019, ed in generale un aumento diffuso e significativo dei disturbi mentali per tutto l’anno [13]. Non a caso le Nazioni Unite e l’UNICEF hanno lanciato un allarme riguardo la salute mentale di 332 milioni di bambini sottoposti alle restrizioni [14]. Dostoevskij faceva chiedere a Ivan Karamazov se fossimo disposti a costruire un intero mondo di bene e gioia sulla sofferenza di una sola bambina innocente dando vita ad uno dei dilemmi morali e politici più profondi e interessanti di sempre; moltiplicato per 332 milioni però il dilemma sembra svanire del tutto. A tutto questo si aggiungano le conseguenze di una vita sedentaria, dell’aumento della dipendenza da sostanze stupefacenti e della crisi economica; tramite il denaro si pagano personale sanitario, macchinari, manutenzione, e sono solo alcune delle spese indispensabili a tutelare davvero il benessere del cittadino, la falsa dicotomia tra salute ed economia che viene proposta nel dibattito pubblico è soltanto mangime per asini.
E’ evidente dunque che queste misure producono una perdita secca netta in termini di salute: è prettamente nel terreno sul quale sono state edificate e giustificate, cioè in quello della salute pubblica, che queste si rivelano self-defeating e paradossali. Non stiamo salvando alcuna vita, questo è un fatto matematico inequivocabile, stiamo solo stabilendo chi è meritevole di essere salvato e chi invece non lo è, giungendo alla conclusione che gli anziani e gli altri vulnerabili al covid sono i più meritevoli dei giovani, e che i morti evitabili di adesso contano molto più di quelli dei prossimi anni.
Compromessi ragionevoli sarebbero stati percorribili (separazione anagrafica, trasferimenti temporanei di domicilio, spazi controllati di socialità ecc.) ma la verità è che in questo contesto le alternative possibili non sono nemmeno rilevanti: Non devono servire alternative per scartare questo genere di possibilità, devono essere scartate a prescindere in virtù della loro atrocità e disfunzionalità rispetto a ciò che desideriamo tutelare. E invece, sebbene incontrarsi con qualche amico al parco col giusto distanziamento rappresenti certamente un vantaggio enorme in termini di salute e anni di vita per l’adolescente chiuso in casa coi genitori, questo gli viene impedito in virtù di rischio infinitesimale per la circolazione del virus, roba da fare rivoltare qualunque studente al primo anno di scienze statistiche e sociali che abbia mai sentito parlare di valore atteso (banalmente la probabilità moltiplicata per il payoff).
Mentre da ogni fonte accademica o internazionale provengono allarmi ed inviti al miglioramento del servizio di assistenza psicologica, qui il tema non è mai nemmeno stato vagamente accennato, e di fronte ai ragazzi che non resistono più e si assembrano la reazione è l’ingiuria indignata di un branco di benpensanti e la richiesta di multe e controlli più salati, quando invece dovrebbe essere immediata e furiosa la pretesa di fornire loro un supporto psicologico.
Questa sistematica violazione dei diritti umani di individui appartenenti a un preciso gruppo sociale è soltanto la punta dell’iceberg di un sistema che non degna i giovani e il futuro di alcuna considerazione: spesa pubblica scandalosamente sbilanciata e favore della spesa pensionistica e a discapito degli investimenti per il futuro, scuola e università che vigono in uno stato di dissesto e degrado assoluto su ogni livello (e non a caso molto raramente oggetti di propaganda politica) che rivela assoluto disinteresse per la nostra formazione, assenza totale di digitalizzazione e conoscenza istituzionale delle nuove tecnologie, programmi scolastici fermi a quelli di 70 anni fà così come il codice penale e civile. I nostri interessi vengono costantemente annientati, ma ancora non ci eravamo resi conto della sistematicità con cui avviene in virtù dei fattori intrinseci del processo democratico.
E’ ormai chiaro dunque che se non saremo noi giovani a fare qualcosa nessuno ci difenderà e ancora e ancora saremo sacrificati come agnellini i cui tormenti e la cui intima e profonda disperazione non contano nulla.
Nel frattempo non resta che implorare in ginocchio: ci avete già reso soli, poveri e pazzi, ora abbiate pietà, altrimenti un giorno tutta questa rabbia esploderà.
FONTI
1) Holt-Lunstad, J., Smith, T.B., Baker, M., Harris, T. and Stephenson, D., 2015. Loneliness and social isolation as risk factors for mortality: a meta-analytic review. Perspectives on psychological science, 10(2), pp.227-237.
2) Kandel et al; Principi di neuroscienze. Bear et al; Neuroscienze, esplorando il cervello.
3) Heinrichs, M., Baumgartner, T., Kirschbaum, C. and Ehlert, U., 2003. Social support and oxytocin interact to suppress cortisol and subjective responses to psychosocial stress. Biological psychiatry, 54(12), pp.1389-1398.
4) Uvnas-Moberg, K. and Petersson, M., 2005. Oxytocin, a mediator of anti-stress, well-being, social interaction, growth and healing. Z Psychosom Med Psychother, 51(1), pp.57-80.
5) Beutel, M.E., Klein, E.M., Brähler, E., Reiner, I., Jünger, C., Michal, M., Wiltink, J., Wild, P.S., Münzel, T., Lackner, K.J. and Tibubos, A.N., 2017. Loneliness in the general population: prevalence, determinants and relations to mental health. BMC psychiatry, 17(1), p.97.
6) Victor, C.R. and Yang, K., 2012. The prevalence of loneliness among adults: a case study of the United Kingdom. The Journal of psychology, 146(1-2), pp.85-104.
7) Hawkley, L.C. and Cacioppo, J.T., 2007. Aging and loneliness: Downhill quickly?. Current Directions in Psychological Science, 16(4), pp.187-191.
8) Cacioppo, J.T. and Hawkley, L.C., 2003. Social isolation and health, with an emphasis on underlying mechanisms. Perspectives in biology and medicine, 46(3), pp.S39-S52.
9) Cacioppo, J.T., Hawkley, L.C., Norman, G.J. and Berntson, G.G., 2011. Social isolation. Annals of the New York Academy of Sciences, 1231(1), p.17.
10) Somerville, L.H., 2013. The teenage brain: Sensitivity to social evaluation. Current directions in psychological science, 22(2), pp.121-127.
11) Seckl, J.R., 2004. Prenatal glucocorticoids and long-term programming. European journal of endocrinology, 151(3), p.U49.
12) Lupien, S.J., McEwen, B.S., Gunnar, M.R. and Heim, C., 2009. Effects of stress throughout the lifespan on the brain, behaviour and cognition. Nature reviews neuroscience, 10(6), pp.434-445.
13) The Impact of COVID-19 on Pediatric Mental Health, A Study of Private Healthcare Claims , A FAIR Health White Paper, March 2, 2021.
14) Mental health alert for 332 million children linked to COVID-19 lockdown policies: UNICEF, https://news.un.org/en/story/2021/03/1086372