Fabio Palma

Infinite jest

STENMARK, o l’unicità

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17 dicembre 1974. Lo sport mondiale conosce, ma ne è ancora ignaro, uno di quei pochissimi esseri soprannaturali a cui affibbiare il cartello di imbattibile. Come nel 2k Bolt, Mayweather, Eaton, Ichimura e Phelps, in questi anni Biles, Peaty e Dressel, nel passato Lewis, Laver e i Boston in Nba.
Uno dei pochi sportivi che costrinsero i legislatori a cambiare le regole, come avvenne per Jabbar al college quando vietarono la schiacciata, e rovino’ la carriera di almeno cinque grandissimi talenti che senza di lui sarebbero stati ricordati come fra i più grandi di sempre. Già; perché uno del genere, come il duo Phelps-Lochte per Cseh, relega in un girone secondario dei Campioni che altrimenti avrebbero avuto Gloria e Onori.
Ingemar Stenmark…era appena arrivata la Tv a colori nelle case di molti, e questo ragazzino di 18 anni sconvolse lo status quo dello sci, arrivando dal profondo nord che, a dispetto di neve e quant altro, non aveva tradizioni di sci alpino. 
Italiani e austriaci e francesi non la presero bene, ma proprio per niente. Pochi mesi dopo milioni di spettatori si alzarono in piedi quando cadde nel parallelo contro Thoeni, perdendo la Coppa del Mondo. Giornalisti da spazzaneve scrissero che mentalmente era stato spazzato via dal nostro gelido altoatesino, e che avrebbe sempre pagato pegno nelle gare secche, quelle dove la tensione contava quanto la tecnica e il fisico.
Pochi mesi dopo tali scritti divennero come certi discorsi politici contemporanei: capovolti. Stenmark cominciò a dominare come nello sci non si era mai visto. Dopo tre anni introdussero la Combinata, e fu una decisione che anni dopo avrebbe tolto al nostro Tomba almeno tre Coppe del Mondo. Dopo una discesa libera con 10 secondi di distacco e una gran paura in allenamento (allora le discese libere non erano preparate come adesso e oggettivamente flirtavano con il rischio mortale o di paralisi…), lo svedese imbattibile se ne frego” della Coppa accontentandosi di spazzolare speciali e giganti. Un grandioso manager come Mario Cotelli non accettò mai come lezione di vita che anche una valanga, come quella azzurra, una macchina anche organizzativa perfetta, potesse essere ridicolizzata da un singolo con dietro nessuno. Come se in un’azienda un’oligarchia venisse umiliata da un solo individuo, geniale e irraggiungibile.Stenmark fu per lo sci quello che Gates e Jobs furono per l’informatica, con l’IBM sgretolata da due pischelli fuoricorso. Tutti i Geni sono cosi, pensate ad Einstein che nel 2005 da un ufficio brevetti manda 5 articoli ad una rivista, e 4 sconvolgono la fisica e la conoscenza del mondo e il mondo accademico che manco lo aveva considerato per una sotto cattedra. Stenmark da solo creò il domino che stravolse lo sci. Anni dopo svedesi e norvegesi arrivarono in massa nelle gare, sdoganati dall’esempio del Re.
Anni fa lo intervistarono e lui, in forma smagliante, disse che stava seduto davanti alla Tv anche 8 ore al giorno consecutive, a guardare sport. “Ma non si allena?” Sorrise lieve e rispose, e perché dovrei farlo? E sollecitato, fece un back flip perfetto. Recentemente ha partecipato ad una cosa tipo ballando sotto le stelle, muovendosi regale e perfetto. Baciato da Dio in ogni possibile sfoggio di equilibrio, forza e destrezza, Stenmark era semplicemente l’atleta perfetto, avrebbe dominato in vari sport.
Negli anni a venire il mondo si sarebbe meno stupito a vedere adolescenti irrompere in Sport ingessati dalla tradizione e dalle gerarchie, rompendo le righe. Allora io avevo meno di dieci anni e andai in settimana bianca con la scuola. Una cosa è certa e sicura, come nella musica e nel disegno, neppure in dieci vite sarei riuscito a essere neppure un mediocre in quella disciplina. Così Stenmark mi fu ancora più leggenda. Poi pochi anni fa presentai Cotelli ad una conferenza e gli chiesi dello svedese, e allora lui subito raccontò di quella prima vittoria e poi del parallelo di fine anno e della vittoria di Thoeni.
Sì ma dopo? gli chiesi. Era così ENORME.
E allora fece una faccia strana, come quei paesaggi della brianza, colline non ordinate e fotografabili come quelle toscane o umbre o marchigiane. Fece una faccia strana, non si capiva. Si, mi disse, non si poteva battere.
Capii che ero stato inelegante: quello svedesino aveva cancellato prima la valanga azzurra e poi una generazione di Campioni che non poterono diventarlo. Moltissimi anni dopo un irriverente guascone da Bologna vinse una gara con Stenmark ancora li, terzo. E nel frattempo c era stato Girardelli, un altro singolo perché col padre scappò dall’organizzatissima Austria per vincere da solo. 
Si sa, quando non ci sono Geni o comunque singoli stratosferici conta il gruppo e l’organizzazione, ma poi proprio queste due entità mal digeriscono che arrivi uno e uno solo capace di far meglio di cinque o dieci o cento. Si comincia a rispondere, “conta il gruppo”. Nel mondo del lavoro il singolo in gamba viene messo da parte, fa paura e rompe i coglioni. I normali si alleano (quando va bene, spesso si alleano i mediocri…di solito con a capo quello con meno scrupoli, perché insolenza e cattiveria e arroganza sono facili da buttare in faccia agli altri, é la creatività con le sue idee che è propria di pochissimi. ).
Nello sport grazie al cielo vince il migliore, anche se pure li chi non sta ligio al gruppo ogni tanto viene soffocato e allontanato. Io, da allenatore, ho sempre trattato diversamente quei pochissimi che avevano qualcosa di diverso, attirandomi ovviamente critiche. “Sono tutti uguali”.
No.
Non lo siamo.
Ci sono i mediocri, i normali, i bravi, i bravissimi, i Campioni, i fuoriclasse, gli unici. In tutti i campi. 
Gli unici sono cosi pochi che spostano di dieci anni in avanti, minimo, l’orario in cui si muovono tutti gli altri, che da quel momento rincorrono invano.
Stenmark era unicità at its best

https://youtu.be/lhMwCrjGdzk

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