Chiamo Massimo Barbieri, che VIVEVA per la chitarra. Eravamo post Liceo, ci si rintracciava nonostante non ci fosse whatapp, lui aveva iniziato Medicina e io Ingegneria, da pochissimo avevo una mia camera, la prima camera della mia vita, naturalmente equipaggiata con poderoso impianto stereo che aveva fatto conoscere Mozart e Ozzy Osbourne a una discreta area di Sesto San Giovanni, con mitico vicino di casa che un giorno suona il citofono, mia madre terrorizzata, e lui che fa, che bella la musica che sente Fabio, ma cosè? Notare che la mia stanza non era confinante col loro soggiorno, comunque la parte pianoforte e poi chitarra di Revelations di Ozzy aveva colpito. Dicevo chiamo Max e dico, oh, ho scoperto un disco clamoroso, un suono mai visto, lui arriva in poco tempo, eravamo un pò tapirati per lo studio, le gozzoviglie del liceo erano finite, si studiava, tanto, anzi tantissimo, e lasciatemi dire che non stavamo per niente godendo della gioventù, non esagero a dire che si stava sui libri 70 ore alla settimana, non esagero davvero. Comunque arriva, e metto su ‘sto disco, Not of this earth. Ora, un tipo sconosciuto che osa chiamare un proprio lavoro Not of this earth vuol dire che ha due palle di autostima notevoli, non è che in giro mancassero grandi chitarristi, eh? Da Allan Holdsworth a Metheny, da Vai a Mac Alpine, da Al Di Meola a Paco De Lucia più una tonnellata di chitarristi di flamenco e così via, ce n’era da andare cauti con il proporsi. Poi non so nel resto del mondo, in Italia si sa che l’invidia circola spesso e volentieri e la gente anche geniale viene immediatamente additata dagli invidiosi, che sono poi mediocrissimi, quando si propone con qualcosa di nuovo e innovativo. Probabilmente nel resto del mondo la cosa è più flebile, esperienze varie di lavoro all’estero mi hanno dato questa idea, però è anche vero che una volta lessi di un’intervista a un chitarrista Monstre, mi pare fosse Greg Howe, il quale candidamente diceva che ogni volta che doveva suonare a Los Angeles, dove circolavano centinaia di chitarristi da 20ore al giorno sulle sei corde, aveva le ascelle pezzate dal giorno prima perchè sapeva che erano tutti lì a contare gli errori. E insomma metto su questo disco, 33 giri dalla copertina che già lasciava presagire un’arte nuova (e la copertina poi si perse, nel senso che la prima edizione del disco, E IO CE L’HO, si esaurì stra-presto, e le successive ristampe ebbero altre copertine e non si è mai saputo il perchè…), e Max impallidì come impallidirono in migliaia, decine di migliaia al mondo, compreso il caporedattore di allmusic, società di recensioni che valuta severissimamente qualunque release, recita il loro statuto, dal primo Boost di Enrico Caruso in poi, roba che prendere due stelle su cinque lì, qualunque musica tu rilasci, è già tanto, e Allmusic gli diede cinque stelle, e poi Satriani divenne famosissimo e se vogliamo anche più commerciale, un pò ciondolante fra grande arte e tecnica mostruosa e pecunia, insomma guadagnò e non poco, sia coi suoi dischi sia suonando per Rolling Stones e Deep Purple, e ci mancherebbe che uno non facesse soldi con quel pò pò di maestria che si ritrovava, e di quel disco non incollo qui Not of this Earth, prima traccia del disco omonimo, quasi troppo per innovazione, ma il pezzo intitolato col nome della moglie, e io penso che qualunque amante del mondo vorrebbe poter creare una cosa così per compagna\o, non vi dà l’idea DAVVERO di uno che è un attimo andato su Alpha Centauri, ha sentito dei suoni mai sentiti, e poi per far bella figura è tornato quaggiù a fare lo smargiasso? Perchè l’inizio in fondo è bellissimo ma UMANO, poi da 1’57″…e a Montreux, al jazz festival, si alzarono in piedi tutti (al basso fra l’altro c’era un certo Stu Hamm e un bel pò di gente, dal rock al jazz al classico, era venuta per lui, ma come cazzo fa a suonare il basso così, vediamo se erano sovraincisioni, beh, non lo erano) ragazzi in platea c’era gente uscita dal ventre materno con uno strumento in mano, gente che per la musica avrebbe UCCISO, gente che aveva suonato nei teatri di tutto il mondo, gente che era stata con Miles Davis e con Orchestre e con insomma chi volete, e tutti si alzarono in piedi, e un recensore scrisse, avremmo voluto tutti chiamarci Rubina. Beh, buona giornata
RUBINA, JOE SATRIANI
Aprile 4, 2016 | 0 commenti