Fabio Palma

Infinite jest

MOSCA nel 1990

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Arriviamo a Mosca che c’è una tempesta di neve, sono con Aeroflot, costava la metà di ogni altra linea. Però devo fermarmi due gg a Mosca, ed è il 25 Ottobre 1990. Sono da solo, perchè Grego è già a Bangkok, staremo via 40gg fra Thailandia e Australia, mi sono laureato il pomeriggio del 24 e la notte ero in treno verso Roma, ora sono in aeroporto a Mosca che cerco di capire cosa fare e dove andare, nessuno parla inglese, si avvicinano due ragazzi italiani, canotta e bermuda, mi fanno, quando ripartiamo, gli dico il giorno, due in avanti, impallidiscono e mi fanno, Belin, qua nevica e noi abbiamo solo roba da spiaggia, ovviamente zero chances di riavere i bagagli spediti quindi frugo nello zaino a mano e gli dò quello che riesco, avranno un freddo cane per due gg, in cui la parola Belin è talmente tanto ripetuta che la dirò per mesi. Ci ficcano nell’albergo Aeroflot, vado in bagno e uno scarafaggio biblico mi convince a desistere e a farla più tardi in strada, che facciamo, mi dico con i genovesi, siamo in periferia, tutto è freddo grigio e tristissimo, vediamo un’insegna e mi dico, magari quella è la metropolitana, scendiamo una scala di marmo che sembra un museo e quando arriviamo giù non crediamo ai nostri occhi, siamo solo noi in una fermata che sembra estratta dal Louvre, pazzesco, arriva il metrò e saliamo e nelle carrozze c’è gente che non ha nessuna voglia di ridere. Riusciamo con un cambio ad arrivare in centro, ogni stazione di metropolitana è paurosamente bella, le scale mobili sono eterne e scolpite nel marmo, così mi sembra, tutto è un museo poverissimo, la Piazza Rossa è senza senso, fantastica, tutto è poverissimo lo devo ripetere, non avevo mai visto tanta povertà, l’Africa e tante altre cose le avrei viste negli anni successivi, c’è una coda mostruosa per vedere la statua di Lenin, poi il giorno dopo vedremo una coda alle dieci del mattino di quasi un km per entrare nel Mac Donald, vedi foto, che aveva aperto da poco, e nei negozi del centro c’erano solo scatolette di tonno al massimo, e poi niente di niente. Vedo questa città meravigliosa che è lontana anni luce da noi, e prima di ripartire assistemmo anche alle prove di parata di carri e missili, eravamo gli unici occidentali, uno dei genovesi tira fuori la macchina fotografica e l’altro gli fa, Belin mettila via che ci incendiano sul posto, ricordo anche il museo degli zar, c’erano sassi verdi e rossi e trasparenti enormi, soli e dentro spade o statue, e poi mi dissero che erano gioielli VERI, smeraldi grossi come un pancreas?!? tutto a Mosca era così grande e così grigio che quei due giorni furono una scossa, non so neppure di cosa. Mi dissero che non era facile ottenere visto e quant’altro per visitare Mosca, a quei tempi, e io la potei vedere gratis, scorazzando con i due genovesi, uno dei quali cambiò ovviamente in nero 50 dollari, quando gli diedero un sacco di plastica con dentro i rubli intuì che il cambio nero era un tantino diverso da quello ufficiale, aveva così tanti rubli in un posto che non c’era assolutamente nulla da prendere o da comprare che esclamò, Belin, adesso marcio alla testa della popolazione sul Cremlino, poi il doganiere gli diede del caviale in cambio di quel sacchetto e verso la Thailandia mangiammo a caviale, tutto sommato non male. Avevo iniziato ad aprire gli occhi al mondo, mica lo stavo capendo, eh. E neppure potevo azzardarni in congetture riflessioni teorie etc etc. Soltanto che in un lampo compresi che 29 esami di ingegneria della vita non mi avevano insegnato nulla. I verbi sono a caso fra remoto e imperfetto e presente perchè quando ricordi certe cose non puoi e non devi essere preciso nella grammatica, non avrebbe senso

mac donald mosca

 

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