Fabio Palma

Infinite jest

LA SOTTILE LINEA ROSSA

| 0 commenti

Operaio, ornitologo, professore di filosofia. Questo spiega tante, tante meraviglie del film.
Esattamente come sarebbe doveroso per certi libri, anche certi film dovrebbero obbligatoriamente essere diffusi fra politici, gente di potere e parlamenti in generale. La sottile linea rossa è un capolavoro inaudito, che si apre con un alligatore, perfetto simbolo di ferocia naturale, che si rivelerà nel film rappresentativo piuttosto di impotenza, innocuità e gentilezza.
Malick parte con una fotografia sensazionale, praticamente un documentario di altissimo livello, tanto che si è totalmente spiazzati, e insieme rapiti, da una successione di scene magistralmente lente e perfettamente incastrate in una sceneggiatura ( sempre di Malick ) geniale.
Quando arriva la guerra, un cobra e l’erba di un crinale, o un giapponese che prega in ginocchio durante un assalto, saranno alcune tra le decine di sequenze memorabili, in un montaggio dal ritmo jazzato, continuamente oscillante fra una punteggiatura melodica e una base metal. A dispetto dei nomi altisonanti del cast, tutti spaventosamente bravi (Travolta compare appena, e quell’appena è da oscar, con i tic nervosi e lo sguardo maleficamente perso di un ammiraglio sprofondato nell’ambizione) ma di fatto mai protagonisti, perchè è la linea rossa l’unica vera dominante del film, un crinale appena accennato ( l’erba, l’erba simbolo di giochi e spensieratezza, qui mossa dal vento in riprese che non dimenticherò mai, l’erba peggio del fango, l’erba peggio del buio di qualsiasi film del terrore. Malick è un genio ) eppure confine di vita e morte, di coraggio e pazzia, di alienazione e ferocia, di terrore e nudità ( i giapponesi nudi, quasi completamente nudi, così inermi e te li aspetteresti samurai invincibili ).
Dov’è l’umano? Il Bene? Come ce lo siamo giocato, in questo modo? Gli uomini se lo chiedono, tutti, ognuno a suo modo. Un possibile protagonista si arrende, praticamente suicidandosi, quando capisce che l’altro mondo, che pensava e credeva fermamente esistesse, è davvero finito. Un indimenticabile Sean Penn se ne frega di menzioni e medaglie, combatte e uccide, con occhi lucidi e rassegnati allo schifo. Nick Nolte, il colonnello che ha rifiutato la pensione e che si sente ingiustamente derubato dalla vita. I locali, che guardano alle due civiltà, americana e giapponese, come se fossero uno dei tanti uragani che bisogna soffrire, ma che a differenza degli uragani non hanno neppure un valore positivo. Decine di comparse dagli sguardi appartenenti già al passato, attori così reali, anche quando appena ripresi in fondo al campo visivo, che io mi chiedo come ha fatto Malick a farli recitare così. Forse gli ha semplicemente fatto ascoltare le frasi che il fuoricampo scolpisce nel film, e tutti sono diventati veri assurdi soldati. E ha ragione chi ha accusato le recensioni dicendo, NON E’ UN FILM DI GUERRA. Non lo è. Le parti di guerra sono perfino in minoranza. E’ un film sull’uomo, un avvertimento. Temo andato perso. I capolavori vanno persi, purtroppo mi tocca pensare così. Li vedono solo e solamente gente che non conta, che non fa carriera, che non prende le decisioni che contano. La famiglia, il ruolo del padre, della madre, di una moglie, intervengono a più momenti, spesso con voce fuoricampo, altre volte con dissolvenze incrociate oniriche, rifugio mai raggiungibile e quasi etereo.
L’umanità è minima nel punto più alto del potere ( Travolta, e si può solo immaginare cosa c’è ancora più in alto), massima nei soldati più semplici, e negli ufficiali deboli ( il capitano, e il capitano giapponese che offre a Witt la salvezza). Il nemico? Non lo vedi se non all’ultimo, ma non è mica quello a cui spari, quando lo trovi, ti appare piuttosto un povero Criito ( osservazione di Yuri). Tutta questa morte per trovare dei poveri Cristi…
“Dove eravamo insieme, chi eri tu ? Quello col quale ho vissuto, camminato, il fratello, l’amico. Buio dalla luce, conflitto dall’amore. Sono il frutto di una sola mente, i tratti di un solo volto. Oh anima mia, fa che io sia in te adesso, guarda attraverso i miei occhi, guarda le cose che hai creato. Tutto risplende.” (Soldato Edward P. Train)
Ci siamo alzati dal divano senza parole, posseduti da mille commenti che non volevamo esprimere per non rovinare il capolavoro appena visto. Yuri mi dice, forse il film dai significati più intensi e più numerosi che abbiamo mai visto. Di solito parla di tecniche e di nozioni, stavolta ha paura di parlare e di rovinare qualcosa. Aveva voluto guardare Apocalypse now tre volte, questo chissà.
Da ieri per me Terrence Malick è un DIO

Lascia un commento