Non sono le tue ruote
Sono l’autostrada
Non sono il tuo tappeto magico
Sono il cielo.
Chris Cornell, insieme a Wedder, Waters e De Andrè, è il mio poeta canoro preferito. Mi costringe a prendere il vocabolario come all’inizio di Like a stone, e penso che a milioni nel mondo abbiamo imparato tramite lui cosa sia un cobwebb.
Cornell con gli Audioslave nel 2003 ha impattato sulla mia vita come poco altro. Era un periodo sereno ma di trasformazione, l’arrampicata mi stava prendendo in maniera decisiva e quello che stavo facendo era come il nodo delle cravatte, sta bene e fa figo ma ti strozza e non te lo faresti mai per stare bene con te stesso ma per stare bene davanti agli altri.
Era l’anno di un premio internazionale come marketing manager della Philips, mi premiarono con targa incisa, Best european marketing manager. Ciò che gestivo era passato da 14 a 60 milioni di euro di fatturato in un anno, e oltre alla targa mi accreditarono un premio di 4000 euro . Logico che alla notizia mi misi ad ascoltare I am the Highway, Like a Stone e Shadow on a sun. Quest’ultima venne usata in quela scena cult del film Collateral di Michael Mann in cui un coyote taglia la strada al taxista del killer, il killer era Tom Cruise che in quella scena ridusse il suo volto ad un’icona, quando l’uomo comincia a dubitare di ciò che è.
Cosi io, ho cominciato a dubitare che il marketing dell’elettronica, che NON sapevo più progettare, fosse la mia autostrada. In realtà, era un nastro trasportatore e, come scrisse Cornell, io volevo un’autostrada, anche trafficata e con tante svolte.
Nel 2003 non erano nati tanti miei atleti, mi ruppi lo scàfoide in un volo al Wenden e un tizio laureato in medicina mi disse che non avrei mai più potuto scalare. Due gg dopo un altro tizio laureato mi disse fra un mese lei scalera’ già col tutore e cosi fu. Mai credere ad una sola voce, é una mia legge.
Quando hanno dato il nobel a Dylan ho riso perché ci sono scrittori americani mostruosi mai nominati, e poi perché Dylan è stato un buon paroliere e un simbolo ma Cornell e Wedder sono proprio un’altra cosa.
Cornell, bello allora e bellissimo a 50 anni quando decise di andarsene, è stato un mio faro. Non mi do’ pace di averlo perso a teatro, concerto acustico a milano. E di non averlo mai visto dal vivo. Anche questa lezione mi ha lasciato, non rinviare mai le cose preziose, rinuncia all’inutile ma mai al prezioso.
Me lo dico sempre.
Questa, con i sottotitoli, non è una canzone. È Gesù che parla.