E’ soprannominato Alien.
E’ una storia. Come tutte le storie, ne vediamo la facciata e chissà quanti grinze ci sono, in questa storia. Però a vederla così, come insomma la si può vedere, è una Signora storia.
E dunque a 18 anni va in carcere e ne esce a 23. E se sei nero e finisci in carcere a 18 anni, beh, ci han fatto dei film. Pensate al peggio del peggio, e ci siete vicino.
Però gli fanno provare la boxe, e pensa, fa per me. Guardate che dirsi così, nella boxe, è un’affermazione importante, soprattutto se la dici in un carcere.
Dice che lui fa notizia perchè è nero e a 23 anni uscì appunto dal carcere, e da allora sperano di ributtarlo dentro, tipo Hurricane ( Carter, interpretato da Denzel Washington, e complice della più bella, per me, canzone di Dylan).
Esce di galera e fa il primo incontro.
Lo perde. e per oltre un anno non sa cosa fare. La probabilità che si rimetta con una pistola in mano e rifinisca dentro non è alta. Di più.
Si dice, ne faccio un secondo.
Ne vince 20, 11 al primo round. Comincia a far rumore. E da lì diventa quello che è, con delle sconfitte, anche, ma veramente poche, e soprattutto con dei record di quelli: da tutti i tempi.
Ha fatto perdere un sacco di soldi nelle scommesse contro di lui, e questo lo obbliga ad andare in giro con guardie del corpo da tutte le parti. Fa uno sport dove con tecnica e intelligenza puoi perfino puntare ai 40, ma più spesso a 30 sei finito. Anzi, sei finito a 22, se sbagli una frazione di secondo. Non che arrivi secondo o ultimo, quello fa parte della vita. No, sei proprio finito. Man mano che ti alzi di livello e sei più ambizioso, il confine fra leggenda ed essere finito è labilissimo. A parte il free solo (senza corda) in arrampicata, non mi viene in mente altra cosa in cui il mezzo secondo faccia così la differenza fra esserci ed essere finito.
Da qualunque parte lo si giri, Bernard Hopkins è il più grande sportivo vivente. Sì, più di Bolt, di Phelps e di Lochte, di Le Bron James, di chiunque altro. Perchè fa boxe, e se avete dei dubbi su questa affermazione, mettete uno sportivo di qualunque livello e di qualunque sport davanti ad un sacco per tre minuti, a tirare saltellando, e vi dirà, stanco. Poi ditegli che intanto deve colpire un bersaglio in movimento velocissimo, e soprattutto non farsi colpire, e vi dirà, ferma. Poi ogni diciamo per essere buoni venti secondi dategli un “cartone” chirurgico e veloce neppure in faccia, diciamo al rene, e vi pregherà, lascio. Nella foto che vedete, sta malmenando, a 48 anni, uno di molti lustri meno di lui, e molto molto dato per favorito contro il vecchietto.
Hopkins VA PER I 50, e non gli hanno dato sacchi bolsi da colpire negli ultimi 15 anni. Qualcuno, sì, ma molti altri no. Erano tosti, cattivi, e desiderosi di prenderne il posto. Il posto e la gloria. La gloria ma soprattutto i soldi. Nel 2008 lo davano già spacciato contro un altro cattivissimo, Pavlik. Lo ridicolizzò a tal punto, spazzando bookmakers e media, che nel giro di poco tempo quel bianco si ritirò e ora ha problemi di alcol e depressione. Era sicuro di prenderne il posto, ora è uno straccio umano. Non c’è niente come la boxe per aprire un bivio alla propria vita, neppure una malattia. Perchè quella non te la scegli, la boxe sì.
Ora tra non molte ore avrà di fronte un picchiatore bianco con una voglia mattissima di farlo fuori e prenderne il posto. Uno che ha vinto 23 volte su 25 per Ko, e nel 2011 un suo avversario è morto dai pugni.
E non ci sarebbero dubbi sull’esito, se lui non si chiamasse Hopkins e non avesse un fisico, e una tecnica, bestiale. E naturalmente ha i soldi da secoli per ritirarsi, la sua tecnica mostruosa lo ha lasciato integro e non è come tanti ex pugili che sono pieni di soldi ma insomma, il cervello è quello che è. No, lui è ben savio, ben lucido, etc etc. Ma continua. E ha accettato questo picchiatore che anche un 30enne di categoria avrebbe chiesto al manager, cercamene un altro, per favore. E, beh, nella foto da una parte c’è una barba bianca, dall’altra fate voi, a trovarvi davanti uno così, a quasi 50 anni.
Vai a capire, perchè ogni tanto c’è in giro gente così